Pippo
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Concorso Bettinardi 2025: il futuro del Jazz è qui!
Si sono svolte lo scorso mese di febbraio le finali del Concorso che da ventidue anni aiuta i giovani talenti del jazz italiano. Tutte le notizie e gli approfondimenti nella pagina dedicata al Concorso e sui nostri social.

Il Piacenza Jazz Club è lieto di annunciare la stampa della sua ultima creatura editoriale (ed. Officine Gutenberg).
Per parlare di “Una strada lunga vent’anni” si può partire da tante cose. Ad esempio da quello che non è. Non è un libro di fotografie, anche se gli assomiglia molto. I suoi autori però preferiscono descriverlo come una storia: la storia dei primi vent’anni del Piacenza Jazz Fest.
Gli autori delle foto che compongono questo ventennale racconto sono Angelo Bardini, Danilo Codazzi, Fausto Mazza, Pino Ninfa e Marco Rigamonti, ovvero i fotografi che hanno seguito il Jazz Fest più da vicino, con più assiduità e più continuità.
Senza di loro non ci sarebbe racconto, non ci sarebbe questa serie di immagini che fermano il tempo e riportano esattamente nel luogo e nel momento in cui lo scatto è stato fatto, per chi c’era. Mentre trasportano in un ideale Altrove senza tempo tutti gli altri.
“Questo libro che se uno lo apre sembra un libro fotografico, non è un libro fotografico. E’ un romanzo. Magari uno dopo un po’ che lo sfoglia, gli viene ancora il dubbio, e dice, ma secondo me è un libro fotografico. Invece è un romanzo. Anche se è pieno di fotografie, orizzontali, verticali e anche una o due quadrate, e con pochissime parole, tipo il minimo indispensabile, è un romanzo. Vorrei non discutere su questo. Questo romanzo, appunto, è una storia, una storia lunga 20 anni per circa più o meno 45 giorni all’anno. Più o meno 900 giorni in tutto. Sul palco e dietro al palco e sotto al palco, 900 giorni, ma un tempo infinitamente più lungo attorno. Molto tempo prima e un poco meno, dopo. Ecco, secondo me sono anche più di 2000 quei giorni lì. Attorno al festival, quindici o anche venti persone e ognuna con la sua bella roba da fare, spesso sempre quella, che non ti sbagli, e tra queste uno o due o tre e delle volte anche quattro fotografi a seconda delle volte e di chi era sul palco e di che jazz era.”